Ma le cose dovevano evolvere diversamente. Si succedono, a breve distanza, eventi drammatici: Adriano Olivetti, sostenitore e propulsore dell’elettronica, muore improvvisamente nel 1960 e un anno dopo avviene altrettanto per Mario Tchou, in un incidente d’auto. Successivamente, siamo nel 1963, l’Olivetti incontra serie difficoltà economiche. La ragione principale è una stagnazione imprevista del mercato mondiale, ma ci sono anche i forti indebitamenti, in particolare a causa dell’operazione Underwood.
Questa anticamarca americana di macchine da ufficio era stata acquisita dalla Olivetti alla fine degli anni ’50 come testa di ponte negli Stati Uniti, ma costituiva un continuo drenaggio di risorse.
La situazione finanziaria dell’azienda diventa pesante e la famiglia Olivetti, che detiene la maggioranza delle azioni, è costretta a chiedere interventi dall’esterno. Nel 1963, entra nel capitale Olivetti il cosiddetto Gruppo di intervento; si tratta di grandi industriali e banchieri: FIAT, Pirelli, Mediobanca, IMI, La Centrale.
Il Gruppo di intervento ha subito un’idea ben precisa sul da farsi: la parte elettronica è un peso e un intralcio peril resto dell’azienda. Durante l’assemblea degli azionisti FIAT dell’aprile1964, il presidente Vittorio Valletta dichiara: “La società di Ivrea è strutturalmente solida, sul suo futuro pende però una minaccia, un neo da estirpare: l’essersi inserita nel settore elettronico”. Alle parole seguono rapidamente i fatti; nell’agosto del 1964, il “neo” viene estirpato, vendendo (o meglio, svendendo) la Divisione Elettronica alla General Electric.
Gli eventi che portarono alla vendita della Divisione Elettronica Olivetti alla General Electric sono stati oggetto di ricostruzioni e analisi critiche. A parte i fattori economici alla base della crisi, il corso degli eventi fu influenzato anche da elementi di debolezza interni all’azienda, acuitisi con la morte di Adriano. Un fattore furono le divisioni del gruppo familiare Olivetti che deteneva il controllo azionario della società. Un altro fattore fu l’avversione dell’establishment aziendale, di estrazione meccanica, nei confronti dell’iniziativa in campo elettronico, ritenuta uno sperpero di risorse. :-(
Questa anticamarca americana di macchine da ufficio era stata acquisita dalla Olivetti alla fine degli anni ’50 come testa di ponte negli Stati Uniti, ma costituiva un continuo drenaggio di risorse.
La situazione finanziaria dell’azienda diventa pesante e la famiglia Olivetti, che detiene la maggioranza delle azioni, è costretta a chiedere interventi dall’esterno. Nel 1963, entra nel capitale Olivetti il cosiddetto Gruppo di intervento; si tratta di grandi industriali e banchieri: FIAT, Pirelli, Mediobanca, IMI, La Centrale.
Il Gruppo di intervento ha subito un’idea ben precisa sul da farsi: la parte elettronica è un peso e un intralcio peril resto dell’azienda. Durante l’assemblea degli azionisti FIAT dell’aprile1964, il presidente Vittorio Valletta dichiara: “La società di Ivrea è strutturalmente solida, sul suo futuro pende però una minaccia, un neo da estirpare: l’essersi inserita nel settore elettronico”. Alle parole seguono rapidamente i fatti; nell’agosto del 1964, il “neo” viene estirpato, vendendo (o meglio, svendendo) la Divisione Elettronica alla General Electric.
Gli eventi che portarono alla vendita della Divisione Elettronica Olivetti alla General Electric sono stati oggetto di ricostruzioni e analisi critiche. A parte i fattori economici alla base della crisi, il corso degli eventi fu influenzato anche da elementi di debolezza interni all’azienda, acuitisi con la morte di Adriano. Un fattore furono le divisioni del gruppo familiare Olivetti che deteneva il controllo azionario della società. Un altro fattore fu l’avversione dell’establishment aziendale, di estrazione meccanica, nei confronti dell’iniziativa in campo elettronico, ritenuta uno sperpero di risorse. :-(
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