Colgo l'occasione, datami dal precedente articolo sul GEM, per illustrare un problema con cui noi, addetti del settore, stiamo cominciando ad avere a che fare.
Parlo della possibilità di poter "leggere" i documenti (ma non solo) storici memorizzati in formati obsoleti e/o su supporti non più in uso.
Il problema è rilevante se si pensa che, ad esempio, ad un possessore di un PC di ultima generazione viene, di fatto, negata la possibilità di poter leggere o rileggere informazioni che, magari, aveva memorizzato 5 o 6 anni fa. Questo solo perché le informazioni sono state salvate su un floppy da 3,5 pollici. Infatti, oggi, qualsiasi PC andiate a comprare, lo troverete sprovvisto di tale periferica, sostituita dalle più efficienti "pennette USB".
Peggiore la situazione se le nostre informazioni sono salvate su floppy da 5' 1/4. Ok, direte, ma chi ha più informazioni salvate su tali supporti? Beh, generalmente nessuno, però, se facciamo un discorso rivolto a quella che è la cultura, o meglio, alla conservazione della cultura e delle sue forme, il discorso ha un senso.
Floppy da 8 pollici |
Sapete, ovviamente, che esistono i musei. In essi vengono conservate le informazioni, sotto forma di reperti, documenti ed opere d'arte del passato, allo scopo di conservare tappe importanti dello sviluppo umano. Anche l'informatica e tutto ciò che è connesso ad essa, nel senso più ampio possibile, è di fatto parte integrante della storia umana. Centinaia di migliaia di informazioni (ma probabilmente parliamo di milioni) sono state elaborate e processate attraverso dispositivi informatici e registrate sui più vari supporti. Gran parte di essi (dispositivi e supporti) sono ormai obsoleti ed abbandonati. Ciò significa che, nella maggioranza dei casi, non saremmo in grado di rileggere tali informazioni.
La conseguenza diretta di tutto ciò è che si sta creando un "buco nero" nella storia. Questo "buco nero" è stato definito come "Digital dark age", ovvero "epoca buia digitale", che in italiano viene anche tradotta come "Medioevo Digitale".
Questo termine è utilizzato per descrivere una possibile situazione futura in cui sarà difficile o impossibile leggere documenti storici perché sono stati memorizzati in un formato digitale obsoleto. Il nome deriva da Dark Ages, un termine che in lingua inglese è utilizzato per indicare l'Alto Medioevo, ad intendere che, dell'attuale periodo, vi sarebbe una relativa mancanza di documentazione scritta.
Floppy da 5'1/4 |
Il problema riguarda testi, foto, video, audio e altri tipi di documenti elettronici.
che sono memorizzati su supporti fisici che richiedono hardware particolare per essere letti e che questo hardware potrebbe non essere più disponibile nel giro di pochi decenni.
Il problema che si pone, quindi, è quello ella "preservazione digitale".
"La preservazione digitale è la conservazione di informazioni digitali nel tempo. La preservazione digitale può essere vista come un insieme dei processi e delle attività che assicurano un accesso continuo alle informazioni e a tutti tipi di registrazioni, e eredità scientifiche culturali in formato digitale. Questo include la preservazione di materiali dal digital reformatting, e in particolare di informazioni nate sotto forma digitale e senza una controparte analoga in forma cartacea. Nel linguaggio delle immagini digitali e delle risorse elettroniche, la preservazione non risulta più essere soltanto il prodotto di un programma ma un processo in continua evoluzione. In questo ambito l'informazione digitale è conservata affinché sia assicurata una sua longevità nel tempo. la conservazione a lungo termine di informazioni digitali è assistita dall'inclusione di metadata di preservazione."
Il problema della conservazione e preservazione mi si è presentato, personalmente, in almeno due occasioni.
La prima è stata la mia Tesi di Laurea.
In origne la scrissi con Word Star, un elaboratore di testi (in ambiente MS-DOS) che all'epoca era il più diffuso software dedicato allo scopo. Avendo bisogno di disegnare anche schemi, mi ricordo, installai sul PC il GEM che aveva a corredo programmi come Draw e Artline. Con questi feci gli schemi ed assemblai il tutto con Word Star 2000 (che aveva la possibilità di gestire elementi grafici al suo interno). La stesura originale fu fatta con questi programmi ed era stata memorizzata, oltre che sul disco rigido interno della macchina, in una serie di floppy disk da 5'1/4. Dopo essermi laureato, erano passati circa due anni, avevo acquistato un altro PC. Già notai che i drive per i floppy da 5'1/4 non erano più presenti. Così installai un "nuovo" drive di questo formato nel nuovo PC e trasferii i miei dati, tra cui la tesi, nei dischetti da 3'1/2. Chiaramente nel nuovo PC non avevo il GEM ed avendo una sola licenza, avrei dovuto disinstallarlo dal vecchio PC ed installarlo nel nuovo, stessa cosa per Word Star. I documenti potevo, comunque, importarli in MS-Word e risalvarli nel nuovo formato, cosa che feci, senza trasferire il GEM e Word Star 2000 nel nuovo PC. Di anno in anno la mia tesi è passata da un formato proprietario ad un altro. Fino a che non è apparsa all'orizzonte la luce...: OpenOffice. Finalmente un software ed uno standard liberi!
Ad oggi la mia tesi è lì, ben conservata (su più di un supporto, ovviamente), pronta per essere visualizzata e/o stampata in qualsiasi momento.
La seconda occasione si è presentata quando ho dovuto recuperare i documenti per un cliente, all'interno del suo vetusto Olivetti.
Vedere a riguardo:
In quel caso nella macchina era installato, oltre al disco rigido interno, anche un floppy da 5'1/4 ed uno da 3'1/2. La mole dei dati (ridicola per un PC moderno) era tale che ci avrei messo diverso tempo per copiare le informazioni, spezzettando il tutto e dovendo, successivamente, riassemblare e masterizzare. Ricorsi, così, ad una periferica che già da tempo non utilizzavo, ma che stava in un angolo, fedele, ad aspettare di rientrare in campo: un drive Iomega per dischi da 100 Mb collegabile tramite la porta parallela. I driver per l'MS-DOS erano contenuti nella confezione del software in dotazione. Qualche problema per il sistema che doveva "ricevere" i dati salvati, un PC con Windows XP. Frotunatamente scovai velocmente i driver facendo una ricerca su Internet. Me la cavai con 4 passaggi. Se non avessi avuto il drive Iomega, starei ancora salvando i dati e non avrei certo tempo per scrivere questo articolo... :-)
Un esempio famoso di problemi circa la lettura/recupero di dati è stato quello delle immagini dello sbarco su Marte del Viking nel 1976, conservati dalla NASA: per oltre un decennio, i nastri magnetici non sono stati utilizzati. Quando furono analizzati di nuovo, i dati risultarono illeggibili perché codificati in un formato sconosciuto e i programmatori originali erano morti o avevano lasciato la NASA. Le immagini furono poi estratte dopo molti mesi in cui si rese necessaria l'analisi dei dati e dei metodi di registrazione con le apparecchiature originali.
"Le eredità culturali della società umana possono essere conservate sotto diverse forme materiali come la pietra, la pergamena, il bambù, la carta, eccetera. In questa era una grande quantità di informazioni esiste in forma digitale come i siti di news, i blog, i siti di social networking, i siti di conservazione di immagini e siti che cambiano il loro contenuto nel tempo. Secondo dati riportati da Brewster Kahle, fondatore nel 1996 di Internet Archive, nell'articolo "Preserving the Internet" pubblicato su Scientific American nel 1998 la durata media di una URL era di 44 giorni"
Nel 2007 Microsoft ha stipulato una partnership con l'Archivio di Stato per evitare una digital dark age e per "sbloccare milioni di file oramai illeggibili".
Un'altra organizzazione, la biblioteca digitale Internet Archive, ha dichiarato che uno dei suoi obiettivi principali è quello di evitare una digital dark age
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